venerdì 15 maggio 2009

Il grave ritardo italiano sui diritti degli omosessuali frutto di una pericolosa omofobia politica

Il Presidente della Camera Gianfranco Fini ricevendo alcuni rappresentanti delle associazioni omosessuali ha detto che bisogna colmare i ritardi dell’Italia dove c’è scarsa consapevolezza su questi temi e che bisogna sconfiggere il pregiudizio, la discriminazione, la violenza. Ci sono voluti anni, ma pare che anche se timidamente – è la prima volta che un presidente della Camera riceve esponenti di associazioni gay – si possa aprire uno spiraglio. Eppure l’Italia per responsabilità tutte politiche è uno dei pochi paesi europei a non avere ancora una legge contro l’omofobia, anche se l’Europa ha legiferato ed espresso chiaramente un indirizzo politico in materia. L’Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere leggi che regolino i diritti e i doveri delle coppie omosessuali. L’italia è uno dei pochi paesi europei dove ogni volta che si parla di omosessuali si apre un pericoloso e retrogrado scontro di posizioni dettate da ideologia culturale e politica. Eppure nella società i gay sono sempre di più e sempre più visibili. C’è di contro rispetto a una società aperta ed evoluta per la gran parte una politica pericolosamente in ritardo. L’Italia vive un paradosso, è territorio “off limits” per i diritti civili come dice Nichi Vendola. E questo certo non aiuta culturalmente un paese che vuole stare a pieno titolo in un’Europa moderna e libera che ponga le libertà civili tra i fondamentali diritti che la caratterizzano. Abbiamo un presidente del Consiglio che dal 1994 non ha neppure per sbaglio pronunciato la parola omosessuali o quella gay. Abbiamo avuto un governo di centro sinistra che ha partorito una proposta di legge, i Dico subito dopo archiviata. Gli omosessuali sembrano essere una categoria di cittadini italiani inesistenti per le leggi di questo paese. Eppure Francia, Spagna, Olanda, Inghilterra solo per citarne alcuni sono su posizioni diverse. Hanno legiferato. L’Italia è meno europea? Negli Stati Uniti ci sono Stati che approvano i matrimoni gay che ci siano governi repubblicani o democratici. E’ un paese dove alla parata di insediamento del Presidente Obama sfilano in prima fila le associazioni gay. Perché noi siamo tanto indietro? La risposta forse va trovata in un mancato senso di laicità della politica nostrana, in un ritardo abissale della politica italiana su quelli che non ultimo il Presidente della Corte Costituzionale ha definito diritti fondamentali che devono trovare espressione di legge. Diritti che riguardano direttamente il 5% della popolazione italiana, ma che vanno considerati come patrimonio di tutti se si vuole essere un paese libero e democratico. Siamo sempre alla ricerca di maggioranze trasversali, di singoli parlamentari che abbiano il coraggio di esprimersi, di prendere posizioni. Mai che ci siano posizioni politiche certe e precise da parte dei maggiori partiti di centro destra o di centro sinistra. Mai che in un programma elettorale o di governo venga detto chiaramente faremo una legge. Il vero trasversalismo maggioritario vincente sembra essere quello di un fondamentalismo politico che si appella ai valori della famiglia, non considerando che quei valori appartengono anche alle coppie omosessuali, ad una normalità esistenziale che produrrebbe modelli nuovi anche per le giovani generazioni. C’è una latente omofobia politica che sembra ogni volta esprimere la maggioranza del non fare e del non decidere. Un atteggiamento immorale prima ancora che impolitico di fronte al quale poi ci si chiede come mai le cronache dei nostri territori siano spesso alle prese con notizie di aggressioni e violenze nei confronti delle persone omosessuali e transessuali. Il 17 maggio a livello internazionale è la giornata contro l’omofobia, una giornata che in Italia va a mio parere dedicata a sconfiggere l’omofobia politica. E le posizioni del Presidente Fini se restano solo dichiarazioni saranno sì importanti petizioni di principio, ma se non diventano chiare e precise posizioni politiche restano episodi di cronaca politica. (Imma Battaglia)

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